
nino lucchesi photo
I really believe there are things nobody would see if I didn't photograph them (D. Arbus)
Il linguaggio fotografico è solo in apparenza il più "realistico" tra i codici visivi. Sebbene generi immagini che imitano perfettamente la realtà, capaci di riprodurre ed esaltare il dettaglio fin quasi al livello microscopico, la sua vera forza e il suo significato risiedono altrove.
Le immagini più riuscite vanno oltre la mera documentazione: non si limitano a mostrare, ma suggeriscono, evocano e caricano di significato profondo l'oggetto o il momento catturato.
La fotografia conferisce dignità e perfino sacralità inattese a oggetti comuni o a frammenti del flusso temporale che, senza lo sguardo fotografico, non sarebbero mai stati osservati o avrebbero mantenuto la loro irrilevanza.
La fotografia agisce come un atto di salvataggio, sottraendo frammenti di vita e ritagli di mondo dall'indifferenza e dall'oblio, e restituendo loro un valore duraturo.
Le foto migliori non sono una semplice copia, ma sono esse stesse "realtà", in un senso più profondo: funzionano come un atto di rivelazione, portando alla nostra attenzione e alla nostra emozione scorci, dettagli, situazioni, accostamenti e connessioni che sarebbero altrimenti rimasti invisibili, persi per sempre nel continuum spazio-temporale.
In tal senso, l'enorme e incessante produzione fotografica mondiale non è solo un archivio del mondo, ma costituisce una realtà di secondo livello — una meta-realtà — che affianca e influenza, in certi casi cambiandola in meglio o in peggio, la nostra percezione di quella primaria. Questa meta-realtà è un filtro, un corpus di immagini che modella la nostra memoria e comprensione.
La natura profonda della fotografia è in una dimensione che trascende il puro realismo. Come argomentato in modo incisivo da Susan Sontag nel suo celebre saggio, la fotografia è surrealista per sua stessa natura e linguaggio. Pur partendo dal dato reale, il suo potere è quello di isolare, incorniciare ed estrapolare un momento o un oggetto dal suo contesto naturale e temporale, trasformandolo in un oggetto misterioso e carico di significato nuovo, in linea con i principi dell'arte surrealista che cerca il meraviglioso nel quotidiano.
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Oltre il realismo apparente


Amo e frequento la fotografia da quando avevo 20 anni. Insieme ad altri compagni di avventura, allestimmo in un garage una camera oscura e iniziammo a sviluppare rullini e a stampare in bianco e nero analogico.
La cosa sicuramente più importante che allora imparai fu il confronto, talvolta anche lo scontro, sulle foto prodotte e sulle riflessioni conseguenti. Ciò portò a una rapida crescita di tutto il gruppo.
Oggi gli scatti e la lavorazione delle immagini li effettuo in digitale, e non lo considero una perdita o una diminuzione.
Ora come allora prediligo un approccio concettuale e riflessivo alla fotografia, che considero una disciplina dello sguardo, una visione onesta e profonda del mondo.
Sono molto interessato al confronto genuino con altre esperienze. Le ricerche altrui sono una fonte inesauribile di crescita e ispirazione.
In generale amo l’arte e la bellezza, le infinite variazioni della natura e del mondo mi incuriosiscono e mi commuovono. Tuttavia, la fotografia rimane la mia passione più grande.
Mentre mi occupavo di fotografia, il mio lavoro è stato quello di insegnante di fisica nelle scuole superiori. Alle migliaia di studenti che ho incrociato spesso ho raccontato la mia meravigliosa passione, talvolta organizzando dei corsi sperimentali di fotografia nelle classi.
Sempre li ho incoraggiati a cercare dentro di loro passioni altrettanto forti.
















